La parte nobile del maiale

   
   

 

Dopo questi esempi di "ingegneria norcina" che ci hanno per un attimo fatto assaporare quella cultura contadina del non buttare nulla del riciclare qualsiasi genere commestibile così lontana da quella attuale che, in nome del PIL, ci spinge continuamente allo spreco, passiamo ora a trattare i prodotti più nobili della lavorazione del suino. E, se parliamo di nobiltà, non possiamo non partire dal prosciutto. Si potrebbe parlare del Prosciutto di Carpegna, il primo prodotto a base di carne delle Marche a fregiarsi della prestigiosa denominazione di origine protetta (DOP) che da anni fa parlare marchigiano i buongustai di vari paesi: dal Nord Europa agli Stati Uniti, fino all'estremo oriente. Oppure del Prosciutto delle Marche, che attraverso la ripetizione di metodiche collaudate da secoli e tramandate di generazione in generazione è sicuramente uno dei prodotti di punta della norcineria marchigiana. Vogliamo invece soffermarci su un prodotto, sicuramente meno noto ma veramente unico. È il Prosciutto aromatizzato del Montefeltro: un prodotto particolarissimo che ci porta nell'entroterra della provincia di Pesaro e Urbino, nell'antica terra dei Montefeltro da cui prende, appunto,  il nome.

Dai maiali allevati nella zona, si ottiene il coscio che viene massaggiato ed aromatizzato con pepe ed altri aromi per facilitare l'uscita del sangue e dell'acqua. Il prosciutto viene quindi messo sotto sale per 20-30 giorni su appositi sgocciolatoi opportunamente inclinati. Rimosso il sale, si lava con acqua calda e si mette ad asciugare prima di passare alla fase successiva in cui il prosciutto viene abbondantemente bagnato nel vino cotto e aromatizzato con aglio, alloro, zucchero e rosmarino. A questo punto, il prosciutto viene nuovamente cosparso di pepe e fatto affumicare per tre mesi.

 

Le vecchie case di campagna della zona disponevano di apposite nicchie che si trovavano direttamente in comunicazione con la canna fumaria del camino. Dopo l'affumicatura il prosciutto deve subire una lunga stagionatura da uno a tre anni in tradizionali sacchi di tela o in panni di lino o di cotone. Quindi un procedimento lungo e paziente che ci riporta ad epoche in cui non si andava sempre di fretta, in cui si rispettavano i ritmi della natura e il tempo e l'esperienza erano considerati ingredienti fondamentali per la buona riuscita di qualsiasi prodotto al pari delle altre materie prime.