E non è finita |
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Ce n'è proprio per tutti i gusti nelle Marche. Non paghi di aver conosciuto frustenghi, serpi, chichi-ripieni, ungaracci e cacciannanzi, accingiamoci a fare un'ultima escursione nell'affascinante mondo dei prodotti da forno e affini. Per cominciare, incontriamo un prodotto presente in tutto il territorio regionale: le fave dei morti. Sono dei dolcetti di forma circolare, leggermente appiattiti, dal colore dorato e dalla consistenza dura e compatta, il cui nome ci ricorda tradizioni che, solo qualche decina di anni fa, erano ancora piuttosto diffuse. Ai funerali, si usava infatti offrire agli ospiti la colazione, che non avevano fatto prima per poter ricevere la comunione durante il servizio funebre. E, in quell'occasione, si offrivano appunto, insieme a dei maritozzi appena sfornati e ad un bicchierino di vermuth, le fave dei morti. Ingrediente essenziale per la loro preparazione è rappresentato dalle mandorle che, una volta abbrustolite, vengono tritate e amalgamate con zucchero, farina, uova, cannella in polvere, strutto fuso e acqua calda. Nell'ascolano è frequente anche l'aggiunta di buccia di limone grattugiata, mentre nell'entroterra anconetano si usa aggiungere del rum. Una volta preparato l'impasto, vengono modellate le fave che poi vanno cotte in forno per circa mezz'ora ad una temperatura intorno ai 150 gradi. |
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Passando a un altro prodotto molto diffuso su tutto il territorio regionale, troviamo i sughetti. Si tratta di un dolce freddo ottenuto dal mosto bollito con l'aggiunta di farina di granoturco, noci e, a piacere, mandorle, pinoli e semi di zucca tritati grossolanamente. La preparazione è simile a quella della polenta con la differenza che, anziché l'acqua, si usa il mosto non fermentato. Anche la presentazione finale è la stessa: in piatti o vassoi dei quali i sughetti, una volta raffreddati e solidificati, assumono la forma. Di consistenza morbida, al palato rimangono leggermente dolci con un piacevole contrasto tra il sapore un po' acidulo del mosto e quello salato delle noci, delle mandorle, dei pinoli o dei semi di zucca che vengono uniti all'impasto. Il colore dei sughetti è generalmente sul marrone ma può avere riflessi variabili tra il verde scuro e il violetto a seconda del tipo di mosto utilizzato. Abbiamo detto che i sughetti sono diffusi su tutto il territorio regionale anche se va precisato che nel nord delle Marche la loro presenza è meno radicata e si usa anche prepararli con la farina di grano anziché quella di granoturco. |
Tra i termini dialettali più frequentemente utilizzati possiamo ricordare l'anconetano "sciu-gheti", il maceratese "sughitti" o, infine, l'ascolano "sapetti" (dall'altro prodotto a base di mosto, la sapa). Tipico del pesarese, con una relativa diffusione anche nelle province di Ancona e Macerata, è il pan nociato. È una pagnottina dorata, dal peso di circa 50 grammi, composta da farina di grano tenero, latte, strutto, olio, noci, fichi secchi a pezzetti, pecorino, lievito, sale e pepe. Grosso modo nella stessa zona si producono le frittelle di polenta: gustose pizzettine dolci fritte ricavate impastando la polenta raffreddata con la farina di grano. Nella parte centro-meridionale delle Marche si prepara invece, nel periodo natalizio, la pizza con le noci. Di aspetto simile ad un ciambellone non molto lievitato, ha una consistenza estremamente compatta, ed è composta da: pasta del pane, noci, fichi secchi, nocciole, uva passita, buccia di arancio e di mone e lievito. Richiede un periodo di lievitazione di 6-8 ore e va cotta, preferibilmente, nel forno al legna. Ma ci sono ancora altri prodotti da scoprire; da scoprire nel vero senso della parola perché hanno una diffusione estremamente limitata e bisogna proprio... andarseli a cercare. |
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Procedendo da nord a sud, lasciamo la A14 a Senigallia e ci dirigiamo verso l'interno fino ad arrivare, a 250 metri sul livello del mare, a Ostra Vetere, immersi in un paesaggio di rilassanti colline. Qui si produce il maiorchino (o marocchino), un dolce di forma allungata e schiacciata dal colore ambrato all'esterno e giallo chiarissimo internamente e dal sapore molto delicato. È formato da farina, uova, zucchero e mandorle e può essere consumato sia fresco, se lo preferite più morbido, oppure secco. In questo caso sarà d'obbligo inzupparlo in un buon bicchiere di vino locale. Per trovare il prossimo prodotto, occorre raggiungere Serravalle del Chienti. Se avete fretta potete riprendere la A14 e seguirla fino a Civitanova Marche e poi prendere la superstrada in direzione Foligno. Chi va in cerca di prodotti tipici sa, tuttavia, che è molto meglio prendersela comoda perché si possono incontrare piacevoli sorprese proprio lungo i tragitti più impensati. Perdetevi quindi tra le colline, ricoperte dai vigneti del Verdicchio dei Castelli di Jesi e, se siete appassionati di vini, non avete che da scegliere se andarvene per Matetica alla ricerca dell'altro Verdicchio oppure se fare una puntata a Serrapetrona e ritemprarvi con un buon bicchiere di Vernaccia. Ciò che troverete, una volta arrivati a Serravalle è la rocciata, una torta salata costituita da una sfoglia farcita con la Silena vulgaris, una pianta localmente chiamata "sfrizzoli". La rocciata, detta anche erbata proprio per la presenza di questa erba, rappresentava tradizionalmente la merenda tipica del giorno dell'Ascensione. Si prepara comunque anche in altri periodi dell'anno e la farcitura varia a seconda della stagione. |
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Ad esempio, nel periodo natalizio, la rocciata viene farcita con i cavoli e, appena sfornata, prima di essere tagliata, si usa cospargerla di miele e pepe ottenendo un caratteristico sapore agrodolce. Da Serravalle, attraversando il Parco dei Sibillini, tra paesaggi mozzafiato e prodotti anch'essi mozzafiato (fermarsi a bere un bicchierino di mistrà a Pievebovigliana per credere), raggiungiamo Sarnano dove ci aspetta la crostata al torrone. Lavorata esclusivamente a mano, questa specialità si compone di un impasto formato da: mandorle, nocciole tostate, zucchero, farina, uova, olio e spezie. Si predilige cuocerla nel forno a legna dove acquisisce la tipica croccantezza. La fragranza e il sapore della crostata al torrone rimangono pressoché inalterati anche per 15-20 giorni. Superato il confine della provincia di Macerata, attraversiamo per qualche chilometro la "giovane" provincia di Fermo per ritornare quindi nell'ascolano dove, tra paesaggi affascinanti e aspre colline, entriamo in una della aree più vo-cate alla vitivinicoltura: la zona di produzione del Rosso Piceno Superiore. Raggiungiamo Offida, dove si conclude il nostro itinerario con l'assaggio del "funghetto di Offida", così chiamato in quanto ricorda, effettivamente, un piccolo fungo, è un dolcetto molto croccante a base di farina, zucchero, acqua e anice. |
Si mescolano accuratamente gli ingredienti fino ad ottenere un impasto omogeneo e consistente. Si formano quindi delle palline del diametro di 2-3 centimetri che vengono adagiate sopra una spianatoia infarinata dove devono rimanere per almeno un paio di giorni ad essiccare. Una volta asciutte, le palline vengono disposte in piccoli cerchi di legno o di metallo che vengono, a loro volta, sistemati, l'uno accanto all'altro su larghi testi da introdurre nel forno ben caldo per circa mezz'ora. Ciò che avviene nel forno è molto spettacolare: le superfici delle palline rimangono bianchissime e dure, ma l'interno, essendo morbido, si espande con la cottura e fuoriesce, unendo così l'una all'altra le palline e assumendo un colore bruno. L'effetto che ne risulta è sorprendente: sembra di vedere una distesa di funghetti bianchi sulla terra scura. |