CORINALDO


Testi e fotografie: Vikipedia  • Comune di Corinaldo

www.corinaldo.it    
 

Corinaldo è un comune italiano di 4 867 abitanti della provincia di Ancona.
È terra vinicola (noto il suo Verdicchio). Ha una ben mantenuta cinta muraria risalente al XIV secolo. Corinaldo, già da tempo inserito nel club "I borghi più belli d'Italia", è stato ufficialmente denominato il Borgo più bello d'Italia nel 2007. Dal capoluogo Ancona dista circa 50 km. Confina a nord-ovest con la provincia di Pesaro e Urbino.

 

 

Il nome di Corinaldo deriva probabilmente da "Curia di Rinaldo", antico nome longobardo che il primo nucleo abitato doveva avere in epoca altomedievale. Quest'ipotesi è stata avanzata solo recentemente: precedentemente si credeva che il nome Corinaldo derivasse da "Corri in alto", ipotetica esclamazione che i cittadini romani superstiti dell'antica città romana di Suasa avrebbero pronunciato al momento di abbandonare la città romana distrutta, che si trova a fondovalle, per salire in una delle vicine colline, militarmente più difendibili, su cui poi avrebbero edificato il paese di Corinaldo. Altra ipotesi diffusa sull'origine del nome è che esso derivi da "Cor in alto". Queste due ipotesi, seppur suggestive, sono attualmente ritenute fantasiose e infondate.

 

«Arsa e distrutta dall'empio Alarico, la bella e famosa città di Suasa, l'anno della nostra salute 409, come fu scritto, quelli che dagli incendi avanzarono per salvarsi, fuggirono verso il vento Cecias dentro i vicini colli, l'anno del parto della Vergine 411 diedero principio a fabbricare una città formata con regole e disegno di architettura la chiamarono Corinaldo, quasi curre in altum» Così scriveva a proposito delle origini di Corinaldo nei primi anni del secolo XVII Vincenzo Maria Cimarelli, frate domenicano, insigne storico, maestro di umane lettere, inquisitore del Santo Uffizio.
Storia e leggenda si alternano e si fondono nella "cronaca" del Cimarelli, desideroso di nobilitare la nascita della sua città dalle rovine della romana Suasa Senonum.

 

 

Con tutta probabilità la città di Corinaldo è sorta agli inizi del secondo millennio, in seguito al diffuso fenomeno dell'incastellamento. Lo stemma della città contiene una corona turrita, le chiavi incrociate di San Pietro e i sei colli. Su di esso è posta la frase Cineribus orta combusta revixi.

 

La piaggia e il pozzo della polenta

 

 

 
 

La piaggia e il pozzo dellapolenta posto al centro di via La Piaggia, il Pozzo della Polenta fu fatto costruire dal tiranno di Corinaldo Antonello Accattabriga, nella seconda metà del ‘400 per approvvigionare le abitazioni limitrofe e successivamente interrato con la ristrutturazione della scalinata nei primi anni del ‘900.
Venne ricostruito nel 1980 a scenografia della Contesa del Pozzo della Polenta che ogni anno rievoca la caduta del sacco di farina nel pozzo. È un’antica diceria che i corinaldesi usassero fare la “polenta nel pozzo”, la verità è che in tempi oramai lontani un uomo saliva la bellissima, quanto lunga, scalinata del paese (Via Piaggia) con un sacco di farina di granoturco sulle spalle. Giunto nei pressi del pozzo, sfinito, appoggiò il sacco sul bordo per riprendere fiato.
Per colmo di sfortuna, il sacco cadde all’interno del pozzo. Il pover’uomo nel tentativo di recuperarlo si calò nel pozzo e ciò non passò inosservato alle pettegole di paese che, non vedendolo riaffiorare, incominciarono a dire che si stava mangiando la polenta nel pozzo. Alcune giuravano di aver visto buttare anche delle salsicce di maiale nel pozzo.

 

La diceria che voleva far passare i corinaldesi come “picchiatelli” e “polentari” superò in breve i confini dell’intera regione. Da “picchiatelli” a geniali il passo è breve. La storiella è presto diventata lo spunto per l’annuale rievocazione storica in costume del Cinquecento “La Contesa del Pozzo della Polenta” che, iniziata alla fine degli anni ’70, si svolge la terza domenica di luglio ed è la più antica rievocazione storica della provincia di Ancona.

 

 

 

Chiesa dell'Addolorata

 

Nel 1555 venne eretto i questo luogo, a ridosso delle mura cittadine, ove già sorgeva la demolita rocca, un convento per le suore benedettine. Il complesso venne rifatto negli anni successivi al 1637. La relativa chiesa, inizialmente dedicata a Sant'Anna, di forma rettangolare, venne demolita intorno al 1730 per insalubrità dovuta all'umidità che si infiltrava dalle mura. Venne così ricostruita tra il 1740 e il 1755 con l'edificio odierno. Venne consacrata dal vescovo di Senigallia Ippolito Rossi di San Secondo il 30 settembre 1755.
Dedicata fin dalla sua fondazione a , agli inizi del Novecento prese il nome attuale. Presenta una pianta centrale, con cupola e lanterna , ornamentazione tipicamente settecentesca di gusto rococò, pregevoli arredi e quattro pregevoli porte lignee sormontate da tele raffiguranti Santi benedettini. Nell'altare maggiore sono conservate la statua del Cristo morto e della Madonna Addolorata che vengono portate in processione per le vie della città la sera del Venerdì Santo.

 

 

Nella cantoria lignea sopra la porta d'ingresso è situato il pregevole organo del 1766, opera di Gaetano Antonio Callido, che aveva una figlia tra le suore del convento benedettino. La facciata venne realizzata nel primo ventennio del XIX secolo, composta come un arco di trionfo, è iscritta tra due coppie di paraste che reggono un frontone curvilineo.

 

 

 

Santuario Diocesano di Santa Maria Goretti

 

La chiesa di San Nicolò, nota come chiesa di Sant'Agostino, ora santuario di santa Maria Goretti, e l’adiacente ex monastero vennero costruiti nelle forme attuali nel corso del XVIII secolo. Precede il convento la chiesa la cui costruzione risale agli anni 1740-1756, mentre l’edificio monastico fu realizzato tra il 1767 e il 1780 su disegno dell’architetto corinaldese Giuseppe Carbonari Geminiani. L'antica chiesa medievale di San Nicolò , rimase inglobata nell’edificio conventuale in occasione della nuova edificazione settecentesca. Di questa chiesa, che oggi ospita al piano inferiore la sala del costume ed in quello superiore la Biblioteca comunale, rimane traccia nella parte dell’edificio rotondeggiante posizionato all’inizio di via del velluto, che in origine doveva essere la sua abside. Questa chiesa, al pari di altri complessi architettonici appartenenti ad altri ordini religiosi soppressi, prima dal regno napoleonico e poi successivamente all’annessione al regno d’Italia, venne sottratta agli eremitani agostiniani e passò tra i beni dello Stato di cui ancora fa parte.

 

 

L'attuale edificio ha un elegante facciata in laterizio con lesene le cui basi e capitelli sono in calcare. L'interno ad un unica navata, a croce latina, con cupola e lanterna nell’area del transetto, è un bell' esempio di tarda architettura barocca, non priva di eleganza nella varietà degli effetti pittorici e scenografici. Nella chiesa sono conservate numerose opere d’arte: un’Annunciazione seicentesca, copia di Federico Barocci, un Martirio di San Bartolomeo di Cesare Maggeri, una Madonna col Bambino e i Santi Monica, Domenico, Nicola di Mira, Antonio Abate e Agostino di Carlo Maratta, e affrescate nei pennacchi sferici della cupola, la Prudenza, la Giustizia, la Temperanza e la Fortezza. Sopra la porta d’ingresso una grande cantoria lignea con rivestimento dello stesso materiale, racchiude un prezioso organo, opera del 1767 di Gaetano Antonio Callido.
Contenuta all'interno dell'altare maggiore in marmo bianco di Carrara una statua lignea di Santa Maria Goretti ed un’ urna in argento contenente l'osso del braccio della Santa, con il quale la Martire tentò di difendersi dal suo aggressore. Entrando a sinistra, la tomba di Mamma Assunta deceduta a Corinaldo nel 1954, mentre a destra quella di Allessandro Serenelli, assassino delle giovane Santa

 

 

Teatro Carlo Goldoni

 

Rosone del teatro

 
 

 

 

 
 

Il Teatro Comunale Carlo Goldoni venne costruito tra il 1861 e il 1869 in sostituzione del vecchio e non più adeguato Teatro del Sole nascente, innalzato nei lontani anni 1736 -1752 su disegno del fabrianese Angelo Birza. L’attuale struttura fu ideata da Alessandro Pasqui di Firenze, ma sul suo progetto intervennero anche gli ingegneri Francesco Fellini e Achille Buffoni .
Al termine dei lavori il nuovo teatro risultò assai spazioso e funzionale. Secondo il disegno del Quagliani fu anche predisposto un ingegnoso dispositivo capace di rendere mobile la platea, che veniva abbassata in occasioni di rappresentazioni teatrali e innalzata sino a creare un unico palco col palcoscenico per feste da ballo e veglioni mascherati. Dopo il restauro del 2006 perde definitivamente tutti i suoi marchingegni, dall’elevazione della platea alle macchine di scena.
Vari i personaggi, le compagnie e le formazioni musicali che si sono succedute nel tempo sul palcoscenico del Goldoni. Oggi ospita nel corso dell’anno residenze, produzioni musicali, ricche stagioni teatrali, rassegne di teatro per ragazzi e compagnie amatoriali.

 

Torna su