ACQUAVIVA PICENA


Testi: Vikipedia.it 

www.comuneacquavivapicena.it    

 

 

 

 

Acquaviva Picena sorge su una collina che domina il paesaggio della valle del Tronto, a pochi chilometri di distanza dal Mar Adriatico e da San Benedetto del Tronto. Dall'elevazione medio-collinare della cittadina (359 m s.l.m.) è possibile scorgere, nei giorni di bel tempo, oltre alla più alta cima dei Sibillini (Monte Vettore), anche le più lontane montagne abruzzesi (Gran Sasso, Majella).
Il sito di Acquaviva fu abitato fin dalla preistoria, della quale ha restituito numerosi reperti soprattutto d'epoca picena, ma anche d'età romana. Quando i Piceni, che vi furono certamente insediati nel VI secolo a.C., restarono sottomessi a Roma, il territorio acquavivano conservò vitalità grazie alla vicinanza della città di Castrum Truentinum.
Ma fu con le invasioni barbariche che il colle vide la nascita di un vero e proprio insediamento urbano: l'arrivo di Longobardi e Saraceni indusse infatti le popolazioni costiere a riparare sulle circostanti alture. Il borgo fu in origine possedimento farfense (947), poi divenne feudo della famiglia degli Acquaviva (da cui il nome) che nel XIII secolo vi edificò una fortezza.

 

La fortezza medievale

 

 

 

Nel 1341 Acquaviva transitò sotto il controllo della città di Fermo, di cui costituì importante presidio in territorio nemico, preservandone i possedimenti costieri (San Benedetto in Albula) dalle mire di Ascoli. Nel Quattrocento il castello conobbe una notevole espansione demografica che condusse al raddoppio dell'abitato, con l'edificazione del settore orientale, denominato Terra Nuova in contrapposizione alla Terra Vecchia che, sorta a ridosso della fortezza, costituiva il nucleo originario del paese. Ciò rese anche necessaria la costruzione di un secondo caposaldo rivolto a oriente.
Inclusa nella legazione pontificia fermana, Acquaviva fu annessa con plebiscito al Regno d'Italia nel 1860. Nel 1799, durante la campagna napoleonica d'Italia, le forze antifrancesi capeggiate dal brigante Sciabolone l'avevano messa a ferro e fuoco distruggendo l'archivio comunale e con esso la fonte d'osservazione diretta della storia locale, la cui ricostruzione si basa principalmente su testimonianze esterne.

 

La lavorazione della pajola

 

 

 

Acquaviva Picena, conserva ancora l’antica tradizione contadina della produzione delle “paiorole”, ossia cesti realizzati con paglia di frumento, vimini e vari tipi di canne palustri. Per procurarsi le materie prime, sono necessarie operazioni laboriose e faticose per la preparazione dei vimini, nel periodo della potatura dei salici da vimini, “le sace”; e per la preparazione della paglia, a seguito della mietitura del grano, in cui si formano mazzetti di steli, pareggiati e asportati dalle spighe. A questo punto si può iniziare la tradizionale lavorazione dei cesti: “le pagliarole”. Questa forma di artigianato tipico risale all’epoca medievale.

 

La vera pajarola si presenta a forma di tronco di cono rovesciato con un’altezza massima di 40 cm e un diametro di circa la metà alla base e di una trentina di cm alla svasatura, con una capacità di circa 20 kg di granaglie. Essa serviva, infatti, per contenere cereali e legumi appena raccolti e per trasportarli a casa tenendoli sopra la testa. Da questa tipologia di base si sono sviluppati poi altri cestini o contenitori con coperchio, sempre di paglia, per usi diversi come la nannetta (cesta per i neonati, una sorta di culla), il pajarolo (per la conservazione di farina), la sementarola (che il seminatore portava al collo con dentro il grano da spandere a mano), i crivelli (usati per la concia dei cereali e dei legumi), la sfarinapesce (per infarinare il pesce da friggere), la scaldapanni (che posta sopra un braciere serviva a scaldare i vestiti dei neonati o ad asciugarli) e il coppetto (semplice contenitore destinato a vari usi).

 

 

Dagli anni Settanta vengono prodotte anche bamboline e personaggi del presepe con gli sfogli del mais. La lavorazione è totalmente manuale e sono le donne ad occuparsi dei materiali e della realizzazione, tutelata e garantita dal Disciplinare di produzione specifico. Interessante e caratteristico è il Museo della “Pajarola” ospitato nel mastio della Rocca medievale, che custodisce una raccolta di cesti, utensili da cucina, bamboline realizzate con intreccio di paglia, vimini e materiali naturali vari, inaugurato nel 2000, grazie all’Istituto comprensivo di Acquaviva Picena e l’Amministrazione Comunale, ed inserito nel progetto provinciale “Il Piceno si racconta”, per tramandare ai giovani gli usi e costumi del passato ed avvicinarli al patrimonio culturale e alla conoscenza dei siti ed alla didattica esercitata all’interno dei musei.

 

Torna su