Acquaviva Picena
sorge su una collina che domina il paesaggio della valle del Tronto,
a pochi chilometri di distanza dal Mar Adriatico e da San Benedetto
del Tronto. Dall'elevazione medio-collinare della cittadina (359 m
s.l.m.) è possibile scorgere, nei giorni di bel tempo, oltre alla
più alta cima dei Sibillini (Monte Vettore), anche le più lontane
montagne abruzzesi (Gran Sasso, Majella). |
La fortezza medievale |
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Nel 1341 Acquaviva
transitò sotto il controllo della città di Fermo, di cui costituì
importante presidio in territorio nemico, preservandone i
possedimenti costieri (San Benedetto in Albula) dalle mire di
Ascoli. Nel Quattrocento il castello conobbe una notevole espansione
demografica che condusse al raddoppio dell'abitato, con
l'edificazione del settore orientale, denominato Terra Nuova in
contrapposizione alla Terra Vecchia che, sorta a ridosso della
fortezza, costituiva il nucleo originario del paese. Ciò rese anche
necessaria la costruzione di un secondo caposaldo rivolto a oriente. |
La lavorazione della pajola |
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Acquaviva Picena, conserva ancora l’antica tradizione contadina della produzione delle “paiorole”, ossia cesti realizzati con paglia di frumento, vimini e vari tipi di canne palustri. Per procurarsi le materie prime, sono necessarie operazioni laboriose e faticose per la preparazione dei vimini, nel periodo della potatura dei salici da vimini, “le sace”; e per la preparazione della paglia, a seguito della mietitura del grano, in cui si formano mazzetti di steli, pareggiati e asportati dalle spighe. A questo punto si può iniziare la tradizionale lavorazione dei cesti: “le pagliarole”. Questa forma di artigianato tipico risale all’epoca medievale. |
La vera pajarola si presenta a forma di tronco di cono rovesciato con un’altezza massima di 40 cm e un diametro di circa la metà alla base e di una trentina di cm alla svasatura, con una capacità di circa 20 kg di granaglie. Essa serviva, infatti, per contenere cereali e legumi appena raccolti e per trasportarli a casa tenendoli sopra la testa. Da questa tipologia di base si sono sviluppati poi altri cestini o contenitori con coperchio, sempre di paglia, per usi diversi come la nannetta (cesta per i neonati, una sorta di culla), il pajarolo (per la conservazione di farina), la sementarola (che il seminatore portava al collo con dentro il grano da spandere a mano), i crivelli (usati per la concia dei cereali e dei legumi), la sfarinapesce (per infarinare il pesce da friggere), la scaldapanni (che posta sopra un braciere serviva a scaldare i vestiti dei neonati o ad asciugarli) e il coppetto (semplice contenitore destinato a vari usi). |
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Dagli anni Settanta vengono prodotte anche bamboline e personaggi del presepe con gli sfogli del mais. La lavorazione è totalmente manuale e sono le donne ad occuparsi dei materiali e della realizzazione, tutelata e garantita dal Disciplinare di produzione specifico. Interessante e caratteristico è il Museo della “Pajarola” ospitato nel mastio della Rocca medievale, che custodisce una raccolta di cesti, utensili da cucina, bamboline realizzate con intreccio di paglia, vimini e materiali naturali vari, inaugurato nel 2000, grazie all’Istituto comprensivo di Acquaviva Picena e l’Amministrazione Comunale, ed inserito nel progetto provinciale “Il Piceno si racconta”, per tramandare ai giovani gli usi e costumi del passato ed avvicinarli al patrimonio culturale e alla conoscenza dei siti ed alla didattica esercitata all’interno dei musei. |