Prefazione
 

Questo libro è il commovente tributo di Lorraine Paolucci Macchello alla madre e al padre, Maria e Carlo Paolucci, che emigrarono in America nel 1920 da un piccolo paese dell'entroterra pesarese, Montecchio. Questo lungo racconto getta un ponte attraverso i quasi cent'anni della vita di Maria, integrando due culture e quattro generazioni di questa famiglia di pesaresi, descrive vividamente le sfide e alterna fortuna che essi incontrarono da giovani sposi a North Beach, San Francisco, mentre continuavano a mantenere legami forti con le loro famiglie di origine e la loro cultura, con la speranza di poter tornare presto a casa. La vita a San Francisco, durante gli anni della Depressione e della Seconda Guerra Mondiale, rivive attraverso le vicende intrecciate di famigliari, amici, vicini di casa e compaesani. Le loro storie comunicano un forte senso del tempo e dello spazio e riflettono, in minuziosi dettagli, uno stile di vita che cerca in tutti i modi di mantenere vive le tradizioni e le abitudini lasciate in Italia. Alla fine Maria e Carlo decidono di rimanere negli Stati Uniti e si ritirano a Menlo Park, mettendo radici nella comunità italiana di San Francisco, ormai integrata a tutti gli effetti nella società americana. E' una testimonianza importante che rievoca la situazione di povertà economica e sociale dell'Italia all'indomani della prima guerra mondiale: la miseria, l'educazione rigidamente patriarcale e cattolica, in queste terre appartenute allo Stato Pontificio fino a poco più di cinquant'anni prima. Ma è altrettanto preziosa perché ci racconta degli italiani in America all'inizio del secolo, nel periodo della depressione e della guerra poi.

 

 

Carlo Paolucci - Italia 1920

 

La famiglia Paolucci, che visse comunque bene, lavorando  sodo pur senza mai  arricchirsi,  rappresenta il simbolo delle famiglie italo-americane e di coloro che hanno realizzato il sogno americano: che null'altro era, nell'immaginario collettivo dei nostri antenati se non la possibilità di vivere una vita dignitosa, in cui non ci fosse posto per gli incubi della fame, della disoccupazione dei vincoli patriarcali che in Italia invece ancora per lunghi decenni spinsero migliaia di persone ad emigrare all'estero: molti pesaresi scelsero di attraversare l'oceano o di trasferirsi nei paesi del nord Europa.

 

Nel primo dopoguerra furono soprattutto Argentina, Stati Uniti e Canada ad attirare i nostri concittadini. Gli Stati Uniti dal 1880, nel pieno del loro sviluppo capitalistico, aprirono le porte all'emigrazione: le navi portavano merci in Europa e ritornavano cariche di emigranti. I costi del biglietto delle navi per l'America erano inferiori a quelli dei treni per il nord Europa; per questo milioni di italiani scelsero di attraversare l'Atlantico. L'arrivo in America era caratterizzato dal trauma dei controlli medici ed amministrativi durissimi che si svolgevano ad Ellis Island, l'isola delle lacrime. Lorraine Paolucci descrive molto bene questa fase della storia di sua madre ed è commovente il viaggio a ritroso che la figlia fa, in anni recenti, a New York, nell'isola ora trasformata in museo dell'emigrazione. Nella storia dell'emigrazione d'oltremare si possono distinguere due periodi: il primo che va dall'Unità d'Italia fino ai primi anni del novecento: nella prima fase ad emigrare sono soprattutto le popolazioni del nord Italia: Veneti e Friulani ne costituiscono la grande maggioranza, seguita da piemontesi e liguri; tra i paesi di destinazione: Stati Uniti, Argentina e Brasile. La scelta del paese dipendeva dalle aspettative di vita che gli emigranti cercavano: o un lavoro ed una collocazione sociale simili a quelli lasciati in patria (la terra, il suo possedimento, in un'economia prevalente di tipo agricolo); oppure un drastico e totale cambiamento di vita in una società fortemente industrializzata, come il nord America. La seconda fase della storia dell'emigrazione italiana inizia all'incirca col nuovo secolo ed è caratterizzata da un semplice mutamento: per quel che riguarda le aree di partenza, le regioni meridionali, e prima fra tutte la Sicilia, acquistano un ruolo crescente (si realizza così, all'interno del nostro paese, la generale tendenza della demografia europea a spingere sempre più a sud e a est le aree di partenza degli emigranti transoceanici); per quel che riguarda le aree di destinazione, gli Stati Uniti rappresentano la meta quasi esclusiva.

 
 

L'intenzione di quegli uomini e quelle donne (come avvenuto per l'emigrazione dal nord Italia che li aveva preceduti), non era il puro e semplice abbandono della propria terra incapace di dar loro sostentamento, per rifarsi una vita in una terra straniera ma fertile ed accogliente; l'obiettivo di questa seconda ondata di emigrazione era bensì il guadagno di denaro sufficiente per tornare e comprare un pezzetto di terra in paese, all'interno di un orizzonte comunque circoscritto al paese d'origine. Se ne trova testimonianza anche nelle vicende della famiglia Paolucci che inizialmente ha come unico progetto quello di rimanere qualche anno, mettere da parte un po' di soldi e tornare a Montecchio. Saranno le vicissitudini familiari ed il timore (oggettivo e reale) dello sradicamento in patria a convincerli a rimanere. Gli Stati Uniti diventarono la metà preferita nei primi anni '20. Questo esodo di massa (8 milioni tra il 1900 e il 1914) ebbe dei costi umani elevatissimi perché significò un disperato sradicamento dalla propria terra e una perdita di identità in Paesi stranieri, dove i rapporti umani erano difficili e dove bisognava spesso accontentarsi di lavori umilianti, faticosi e mal pagati. Gli emigranti italiani nell'America settentrionale si inserivano in un paese fortemente urbanizzato, e si indirizzavano ad attività lavorative di tipo industriale (in genere dequalificate) o alla costruzione di strade e ferrovie; raramente al lavoro agricolo. Durante i primi decenni del Novecento si assiste così al fenomeno delle "rimesse" che tanta importanza hanno avuto nell'economia italiana tra le due guerre. Solo molto tempo dopo la classe dirigente italiana cominciò a comprendere quanto quei vantaggi immediati fossero stati pagati con il decadimento economico di intere aree, oltre che naturalmente con tragedie e sofferenze personali e collettive di poco inferiori a quelle provocate da una guerra. Solo molto tempo dopo la classe dirigente italiana cominciò a comprendere  quanto  quei  vantaggi  immediati  fossero stati  pagati con il decadimento economico di intere aree, oltre che naturalmente con tragedie e sofferenze personali e collettive di poco inferiori a quelle provocate da una guerra.

Maria Barbieri - Italia 1921

 
 

Gran parte delle forze politiche dominanti era nettamente favorevole all'emigrazione di massa anche in quanto si trattava di una valvola di sfogo là dove le tensioni sociali rischiavano di divenire insostenibili: si pensi all'Italia dell'immediato dopoguerra era una polveriera sociale, in cui i grandi partiti di massa che avevano fatto la resistenza, erano sostenuti e condizionati da milioni di diseredati. Occorrerà una tragedia di dimensioni enormi, come quella accaduta alla miniera belga di Marcinelle per arrestare il grande esodo degli italiani all'estero e per vederne riconosciuto finalmente il grande valore come uomini oltre che come lavoratori.

 
  Clara Santin
 

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