Teresa

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Eravamo solite andare a farle visita in quelle domeniche pomeriggio in cui papa non ci portava a fare un giro. Percorrevamo a piedi i tre isolati lungo London Street, una parallela di Mission Street - da Brazil Avenue, passando per Persia e Russia Avenue. Poche porte oltre France Avenue c'era la casa di Teresa, fatta di stucco e mattoni, l'ingresso principale era sulla strada poi si entrava, salendo su un piccolo pianerottolo con il pavimento di terracotta. Mamma suonava il campanello, Teresa ci parlava dal citofono chiedendo "Chi è?" e quando la mamma rispondeva, Teresa ci apriva la porta. Appena entravamo la vedevamo in cima alle scale ricoperte di moquette, che ci aspettava sulla porta con le braccia spalancate per stringermi tanto da togliermi il respiro e baciarmi le guance con forti baci schioccanti. Lei adorava le ragazzine. Teresa aveva due figli maschi: Louie, che solitamente era fuori con gli amici, e Mero, che aveva pochi anni più di me. Mero passava la maggior parte del tempo che trascorrevo da loro, punzecchiandomi ed inseguendomi, chiudendomi in una stanza e poi nell'altra mentre io alternativamente ridevo o gridavo finché Teresa non urlava "Meeee-ro! Lasciala in pace". Mi piaceva tantissimo andare a casa loro. Per decenni, fino al pensionamento, Teresa fece il turno di notte in una laboratorio di dolci dove, durante la Grande depressione, trovò un lavoro anche per mia madre.

 

Le insegnò gli stratagemmi delle lavoratrici che rompevano 'accidentalmente' la crosta di una qualunque torta, rendendola il loro dessert per quella sera. All'alba, aspettando il tram, mia mamma e Teresa chiacchieravano e ridacchiavano. Una volta si aprì una finestra sopra di loro e un uomo gridò: "Andate a casa, sgualdrine ubriache o vi tirerò quest'acqua". Iniziarono a ridere ancora più sguaiatamente ma per precauzione si spostarono dalla strada. Mia madre fece quella vita di notte solo per alcuni mesi. Io avevo cinque anni, un'età durante la quale avevo ancora bisogno che qualcuno si prendesse cura di me durante il giorno. Papa stava con me la sera e mi metteva a letto, ma durante la giornata voleva essere libero per cercare lavoro, così la mamma non dormiva mai abbastanza. Furono in completo accordo nel decidere che lei avrebbe dovuto smettere di lavorare. Uno dei ricordi più vivi che ho delle serate che trascorrevo con papa mentre la mamma lavorava alla fabbrica di dolci, è di una sera in cui mi portò in Mission Srreet e mi comprò il mio primo albero di Natale. Il marito di Teresa, John, era ospitale e cortese con noi ma quando la mamma e Teresa si sedevano al tavolo della cucina lui si dileguava nel seminterrato o nel cortile. Sia lui sia Teresa erano persone cordiali e simpatiche, eppure parlavano tra loro solo quando era indispensabile.

 

Lui non era stato in grado di mettere a freno dei sospetti che nutriva nei confronti delle uscite notturne della moglie anche quando questi risultarono infondati. Qualunque fossero i semi che erano stati piantati nella sua testa (e Teresa sapeva chi li aveva seminati) sulla possibile relazione che la moglie poteva avere con un collega della fabbrica di torte, erano rimasti dubbi irrisolti. Ne avevano parlato a lungo, troppo, finché non ci fu il tacito accordo di non parlarne più e fingere che questa noncuranza non importasse a nessuno. Ogni domenica Teresa ci offriva una torta di riso, uno sformato quadrato farcito con riso condito con uova e parmigiano, il tutto avvolto da una sfoglia sottile. Appena arrivavamo al piano di sopra, metteva in tavola la cuccuma del caffè e tirava fuori la torta, assieme ai biscotti e ai pasticcini; immediatamente porgeva alla mamma una sedia della cucina che aveva appena spolverato, una sedia il cui legno si era consumato a furia di essere pulita energicamente. Teresa era una donna semplice con lineamenti quasi anonimi, capelli lisci di un castano chiaro con la riga da una parte e raccolti sulla nuca con un fermaglio; era più alta rispetto alle donne che conoscevo, aveva la vita sottile e la figura slanciata. Si potevano scorgere braccia e spalle da atleta sotto i tradizionali abiti da casa e i grembiuli, braccia che non praticavano nessuno sport ma venivano utilizzate per impastare, pulire i mobili, lucidare e passare la cera sui pavimenti di linoleum e quercia finché non brillavano come cristallo.

 

Teresa era la più espansiva tra le donne con cui ho trascorso l'infanzia, era affettuosa con me, inoltre mi dava sempre la sua approvazione. Adorava i suoi figli e gli anni peggiori della sua vita devono essere stati senz'altro quelli durante la guerra, quando erano uno in Europa e l'altro da qualche parte a sud del Pacifico. Mero e Lou tornarono sani e salvi e lei riversò su di loro tutto l'amore materno che aveva serbato in quegli anni di assenza. Le dimostrazioni di affetto furono sempre ricambiata dai figli e lei divenne l'oggetto delle costanti attenzioni dei suoi ragazzi. La portarono a fare gite sulla vecchia Pontiac, dopo averla rimessa in circolazione dal periodo di disuso degli anni della guerra e fecero anche numerose riparazioni nella loro casa. Teresa visse abbastanza a lungo da avere due nuore che si presero cura di lei nella vecchiaia e fu così fortunata da avere cinque nipoti da baciare e coccolare.

 

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