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LE ROCCHE NEL PESARESE Parte Seconda |
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Testo e immagini: Wikipedia |
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www.comune.pesaro.ps.it • www.turismo.marche.it | ||
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PALAZZO DEI CONTI OLIVA DI PIANDIMELETO |
Più palazzo fortificato che rocca è indubbiamente l’antica residenza dei conti Oliva, nonostante lo sperone superstite della precedente fortezza e la massiccia torre quadrata sullo spigolo occidentale, assieme alle merlature ghibelline, ai beccatelli, alle caditoie e alle feritoie superstiti che ne caratterizzano l’aspetto. Quanto è certo è che a destra del voltone di accesso al castello esisteva già in epoca medioevale una rocca a strapiombo sul fiume, prima dell’apertura della strada sottostante. Fu su questa rocca che venne innestato nel secolo XV l’imponente volume della residenza degli Oliva, capitani di milizie imperiali che avevano ottenuto l’investitura feudale del luogo da Papa Gregorio IX. |
Il palazzo merita una visita per il severo cortile con portico ad arcate e ballatoi sostenuti da pilastri, per il salone d’onore dalla grande volta a vela e per gli interessanti elementi decorativi (peducci, lavabi a muro, camini), testimonianza di una ricca vita di corte. Nella campagna di Piandimeleto esiste anche un bel torricino isolato a pianta circolare con cordolature aggettanti in mattoni. |
ROCCA UBALDINESCA DI SASSOCORVARO |
Avamposto strategico dominante la valle del Foglia, non lontano dal confine con i territori dei Malatesti, fu edificata per iniziativa di Ottaviano Ubaldini, uomo di fiducia di Federico da Montefeltro e dal 1475 signore di Sassocorvaro. Risultato della trasformazione di un presistente fortilizio, in parte inglobato nella nuova struttura, è unanimamente ritenuta il primo esempio di architettura militare realizzata da Francesco di Giorgio Martini in area marchigiana. La possente volumetria dal profilo arrotondato, in cui si è voluto leggere un'allusione al motivo della testuggine, ben riflette infatti il simbolismo zoomorfico di cui sono permeate molte pagine dei suoi Trattati. |
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Particolarmente espressivo risulta il blocco difensivo meridionale costituito da un puntone alveolato fiancheggiato da due torrioni, che si distingue dalla mole circolare retrostante in cui sono sistemati gli ambienti residenziali. Questi risultano protetti, sul versante opposto, da un camminamento anulare dotato di bocche da fuoco e da una torretta cilindrica a difesa dell'ingresso. I due nuclei, funzionalmente distinti, sono separati dal cortile centrale, dove il carattere militare si attenua in un arioso porticato di impronta rinascimentale. La Rocca ospita attualmente un piccolo museo delle tradizioni contadine. |
PALAZZO ROVERESCO DI MONTEBELLO (ORCIANO) |
Descritto come "un bel palazzo a guisa di rocca", la sua funzione primitiva fu quella militare a difesa dell’abitato su cui domina tuttora con la sua struttura massiccia, anche se decurtato di un intero piano rispetto alla sua fisionomia originaria. Fu però intorno alla metà del XVI secolo che vi furono eseguiti importanti lavori di ristrutturazione (probabilmente su commissione di Antonio Stati, consigliere del duca Guidubaldo II Della Rovere) che consentirono in seguito di farne la propria residenza di reclusa volontaria (dal 10 maggio 1609 al 7 giugno 1632, giorno della sua morte) a Lavinia Feltria della Rovere, figlia del suddetto duca e di Vittoria Farnese, vedova di Alfonso d’Avalos marchese del Vasto. |
Anche se oggi ridotto in condizioni di estremo degrado, il fabbricato merita una visita per l’imponenza della severa base scarpata che racchiude al piano terreno una serie di locali con volte a botte e portali quattrocenteschi: locali collegati fra loro da un lungo corridoio centrale e sovrastanti un seminterrato ad unico grande vano con volta pure a botte, destinato in origine ad ospitare la scuderia. Salendo al piano nobile, oltre alle tracce di un belvedere oggi tamponato, ben quattro sale conservano soffitti decorati da tempere e stucchi databili alla seconda metà del Cinquecento, attribuite le prime a Taddeo Zuccari, mentre gli stucchi riecheggiano il manierismo delle più note decorazioni di Federico Brandani a cui è forse da attribuire anche il disegno del grande camino che orna il salone maggiore. A fianco del palazzo sorge la coeva chiesa di S.Anna dalla caratteristica pianta ottagonale. |
ROCCA MALATESTIANA DI FANO |
Situata all’estremità nord-orientale dell’antica cinta muraria, aveva al suo vertice angolare un’imponente torre di vedetta, il Mastio, vittima della barbarie degli uomini in guerra (1944). Alle massicce fondamenta della superstite base scarpata si riallaccia oggi quanto resta dell’antico camminamento merlato che corrisponde verso l’interno all’area occupata dalla cosiddetta Rocchetta. Certamente, questa, è la parte più antica del fortilizio, sorta sui resti di opere di difesa romane e medioevali e risalente all’intervento edificatorio iniziato per ordine di Sigismondo Malatesta in concomitanza con il sopralluogo di Filippo Brunelleschi alle fortificazioni dello stato malatestiano: sopralluogo effettuato tra l’agosto e l’ottobre del 1438. I documenti noti testimoniano comunque che ad occuparsi dei lavori fu l’architetto Matteo Nuti con il fratello Giovanni e con Cristoforo Foschi e che detti lavori si conclusero nel 1452 con l’erezione del ricordato Mastio. La costruzione subì poi, in relazione al mutare delle esigenze difensive, adattamenti e modificazioni, mantenendo peraltro nel suo complesso la fisionomia originaria di ampio quadrilatero fortificato, delimitato da cortine scarpate e robusti torrioni angolari. |
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Un doppio ponte levatoio munito di rivellino permetteva di superare il fossato e di accedere al vasto cortile, delimitato dai muri di sostegno dei camminamenti e dal basso fabbricato che sul lato orientale ospitava le celle e la piccola cappella. Più tardi venne sopraelevato e coperto a tetto, attualmente utilizzato per mostre ed esposizioni varie. |
PALAZZO DUCALE DI URBANIA |
A Casteldurante, l’odierna Urbania, esisteva una rocca, da tempo abbattuta, eretta dai Brancaleone e ubicata lungo l’ansa settentrionale del fiume Metauro. A ridosso del greto fluviale rimane invece oggi la monumentale residenza ducale dei Montefeltro, con il suo lungo fronte scarpato a strapiombo. Quest'ultimo è stretto fra i volumi di due caratteristici torrioni: semicilindrico quello di sinistra e cilindrico l’altro che racchiude al suo interno una bella scala a lumaca in cui si è giustamente voluta vedere la mano di Francesco di Giorgio Martini. Integrato dalla caratteristica galleria pensile che sovrasta la fascia dei beccatelli, tale fronte si raccorda agli altri lati del palazzo, organizzati attorno a due cortili, il più grande dei quali presenta un impianto porticato proto-rinascimentale a snelle colonne dagli eleganti capitelli compositi attribuiti a Giorgio Orsini da Sebenico. |
L’edificio subì comunque anche successivi interventi ad opera di Gerolamo Genga e fu la sede prediletta dell’ultimo duca d’Urbino, Francesco Maria II Della Rovere, che vi chiuse i suoi giorni nel 1631. Attualmente le sue belle sale e saloni (sala di lettura, sala del trono, sala dei cavalieri, sala delle geografia, ecc.) ospitano le raccolte librarie e d’arte della Biblioteca Comunale, della Pinacoteca e del Museo di cui fanno parte due preziosi globi del Mercatore (sfera terrestre del 1541 e sfera celeste del 1551), rare pergamene, circa duemila incisioni e ben 746 disegni dei secoli XV-XVII già facenti parte delle raccolte ducali. |
ROCCA DI MONTECERIGNONE |
L’antica denominazione di ‘rocca e casa’ meglio rende l’idea della funzione e dell’importanza della costruzione. Il luogo dove sorge, infatti, fu importante fin dai tempi dei Malatesta ai quali va fatto risalire il consolidamento della rocca e l’ampliamento della cinta murata. Con il passaggio ai Montefeltro non mancarono ulteriori ristrutturazioni, né mancò fra gli storici locali chi per le stesse fece il nome di Francesco di Giorgio Martini. Come si presenta oggi, l’edificio risulta costituito da un unico corpo quadrangolare compatto, innestato al di sopra dell’antico castello e recinto lungo il bordo scarpato delle mura da due rampe di accesso (una delle quali realizzata in tempi recenti). Pur avendo subito palesi trasformazioni nel corso dei secoli, l’immagine quattrocentesca della costruzione è rimasta complessivamente inalterata, imponendo il problema della salvaguardia e di un intelligente riuso della antica struttura. La stessa presenta all’interno diversi ambienti distribuiti su tre piani e un cortile d’ingresso con un lato a portico. |
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