Gigi |
Gigi aveva il fisico di un Sanchietti: alto ma non enorme, le spalle larghe, braccia lunghe e mani massicce, la fronte spaziosa e zigomi alti. Era sempre stato magro e negli ultimi anni di vita gli si scavarono le guance e il ventre, e ciò faceva maggiormente risaltare la sua ossatura robusta. Aveva gli occhi blu e i capelli molto corti a volte persino rasati e di un bianco brillante, dunque non saprei dire se ne avesse pochi o molti o di che colore fossero stati, nei miei ricordi lui fu sempre un uomo anziano. Gigi era buono con me ma il mio atteggiamento nei suoi confronti fu sempre influenzato dalle regole dei miei genitori; inoltre ero intimidita dal controllo che Gigi esercitava sia dentro che fuori casa: aveva l'abitudine di brontolare (a Filuma, a Gus e al vento) quando disapprovava qualcosa, bestemmiava con leggerezza contro Dio e la Madonna anche quando non era particolarmente irritato. Mi rendevo conto di quale autorità esercitasse su Filuma proprio dall'atteggiamento ossequioso che lei teneva nei confronti del marito; era attenta alle sue necessità, ai suoi gusti e ai suoi ritmi: "Guarda Gigi, che lo posso fare io se Agostino non è ancora tornato", "Certo Gigi, userò meno sale la prossima volta", "Cosa vuoi per cena?". C'erano divieti nella scelta dei cibi che riguardavano quelli per i quali lui aveva un'avversione particolare, tra questi tutti i prodotti derivati dal latte. I miei genitori e i Sanchietti provenivano da una regione dell'Italia in cui c'erano pochi terreni adatti al pascolo delle mucche, per questo Gigi non aveva l'abitudine di consumare latte o formaggi. |
La mamma portava la panna da montare come guarnizione per i dessert, che piaceva tanto a Filuma e a Gus ma Gigi poteva a malapena tollerarne la vista. Non c'era mai nessun formaggio da mangiare col pane o da grattugiare sulla pasta, avevamo il burro per la colazione solo se lo portava la mamma. "Quante volte io e Filuma mettevamo una noce di burro nel sugo quando Gigi non era nei paraggi" diceva mia madre "e lui la mangiava dicendo che era buona... senza sapere il motivo di quel sapore speciale". Gigi si occupava di tutti gli acquisti e controllava i conti relativi alle compere fatte in paese, proprio come di tutte le altre spese. Filuma gli ricordava di quali provviste fosse necessario rifornirsi: caffè, zucchero o farina; non acquistava mai prodotti da forno o in scatola o qualunque altro cibo pronto eccetto la pasta confezionata; non se ne parlava di comprare mostarda o maionese, poiché solo la vista lo disgustava. Dopo il matrimonio, Gus e Anne finalmente andarono a vivere nella loro casa e quando lei preparava l'insalata di patate o di altre verdure con la maionese Gus diceva ironicamente: "Sono stufo di questa roba, ne ho mangiata troppa quando vivevo a Pozzo" perché non ne aveva mai sentito nemmeno parlare quando viveva ancora in Italia e a Santa Rosa, dai suoi genitori, non l'aveva potuta mangiare. Nel 1966 quando andai in Italia mi fermai in un negozietto a Pozzo per cercare qualcosa da riportare a Gus e trovai un tubetto di maionese! Il grande paradosso nell'atteggiamento che Gigi assumeva nei confronti del cibo era sentirlo dire spesso: "Qui non ci piove" indicando il cielo con l'indice destro mentre con la mano sinistra lo copriva a mo' di tetto. |
Era qualcosa che diceva in modo scherzoso ma allo stesso tempo orgoglioso, intendendo che al loro tavolo proprio non ne voleva; in verità c'erano moltissimi cibi di cui Filuma e Gus dovevano fare a meno: torte, dolci, biscotti, caramelle, budini e gelatine oltre a tutti i latticini. Gigi aveva validi motivi per essere orgoglioso di ciò che lui e Filuma avevano costruito. I primi anni furono disperatamente difficili. Nel 1919, tutti i quaranta acri vennero adibiti a vigneto e il primo raccolto si perse a causa di una pioggia fuori stagione; dovettero decidere di svendere pochi acri per riuscire a pagare l'ipoteca. Restio a continuare a dipendere dai raccolti e dal tempo, Gigi prese un prestito dalla banca per costruire il primo pollaio. Fu un rischio enorme, del quale Gus venne a conoscenza solo tramite le lettere che i genitori spedivano alla nonna quando lui viveva ancora in Italia. "Fu costruito talmente basso, per risparmiare nel legname, che mia madre non riusciva a stare dritta in piedi"; (Filuma era poco più di cinque piedi). Iniziarono con cinquecento polli e nel momento più proficuo della gestione di Gigi, quando ancora facevano tutto manualmente, arrivarono a seimila e l'anno in cui Gus interruppe l'attività, nel 1978, c'erano ventimila galline. Quando iniziò la Grande Depressione, nel 1929, Filuma e Gigi avevano finito di pagare la fattoria e Gigi era tornato in Italia a prendere il loro figlio. Avevano ancora soldi da parte, mentre i miei genitori erano in rosso. Mio padre aveva dichiarato bancarotta e stavano quasi per perdere la casa, ma non si fece remore nel rivolgersi a Gigi, proprio come si sarebbe rivolto ad un genitore o ad un fratello in grado di aiutarlo. |
Si sedettero al tavolo della cucina nel seminterrato. Gigi era stato in banca per accertarsi di avere la somma che serviva ai miei genitori per pagare l'ipoteca. Su un foglio bianco (che trovai sessantacinque anni più tardi, dopo la morte di entrambi i mie genitori) papà scrisse in una riga, certamente riferendosi al denaro:" Da Luigi Sanchietti a Carlo Paolucci" e lo datò. Lo scambio di quel pezzo di carta fu tutto ciò che occorreva tra loro. I miei genitori comprendevano e accettavano i rigidi modi da contadino vecchio stile di Gigi, quei modi che loro avevano perso vivendo in città. I loro amici più cari erano altri italiani, ma non esclusivamente dello stesso paese. Dovettero adattarsi a un ambiente nuovo e a persone completamente diverse da loro. Gigi, al contrario, e ancor di più Filuma, vivevano in un mondo isolato, solo minimamente differente da quello che avevano sempre conosciuto, come ibernato nel tempo e nello spazio. Ciò che legava loro e i miei genitori erano i valori immutati e profondamente radicati del duro lavoro, della parsimonia, della lealtà, dell'onestà, dell'onore e del senso del dovere nei confronti dei propri figli. Gigi fu il primo a morire, nel 1946, a sessantacinque anni. Dopo l'intervento per un cancro al colon, non riuscì mai ad accettare la sua mutilazione, il fatto che una delle funzioni del suo organismo si fosse così profondamente alterata. La sua incapacità di adattarsi ai piccoli cambiamenti della vita, gli rese questo ostacolo ancora più insormontabile. Imprecava contro la stravaganza dell'ospedale di St Luke di San Francisco, esprimeva in modo crudo e disinvolto la sua ira per ciò che aveva subito dalla tecnologia medica. Negli ultimi mesi di vita, quando era ancora in grado di sedersi a tavola, diceva: "Mi manca solo l'appetito": un addolorato ricordo di tutto ciò che non aveva avuto in passato ma anche espressione di soddisfazione per tutto ciò che possedevano ora. |